S. Leone, detto per gli innumerevoli miracoli operati, il Taumaturgo, nacque a Ravenna. Trascorsa la fanciullezza e la gioventù fra gli studi più seri e l’esercizio delle virtù cristiane, fu ordinato sacerdote a 23 anni e preposto al clero metropolitano dal Vescovo di Ravenna.
Mal sopportando, nella sua grande umiltà, le dimostrazioni di stima e di venerazione che il popolo gli prestava, una notte, eludendo la vigilanza dei suoi, fuggì alla volta di Reggio Calabria dove restò nel silenzio e nella solitudine.
Ma Cirillo, vescovo di Reggio, intuendo la santità del giovane presbitero, lo elevò alla dignità di Arcidiacono. La fama delle sue virtù si propagò subito in tutta la Calabria e la Sicilia.
Allora i Vescovi venivano eletti dal popolo e la Divina Provvidenza volle che alla morte di S. Sabino, i catanesi non potessero accordarsi sulla elezione del nuovo presule. Finalmente nella determinazione comune di fare tre giorni di digiuno e di preghiere allo Spirito Santo, dopo i quali tutti furono d’accordo nell’eleggere il Sacerdote Leone, arcidiacono di Reggio Calabria. Questi credendosi indegno rifiutò, ma il vescovo Cirillo gli comandò di accettare e, venuta la conferma da Roma, fu Consacrato.
Leone si diede subito alla riforma della disciplina ecclesiastica, alla conversione dei peccatori ed alla estirpazione degli ultimi resti di paganesimo.
Un certo Eliodoro, mago potente, con le sue stregonerie, che esercitava con l’aiuto del demonio, aveva disturbato la vita religiosa in Catania; fomentava il mal costume, metteva in ridicolo il Vescovo e le Sacre funzioni. Il santo pastore pregava Dio che liberasse la città da tanto male ed aumentava le sue penitenze a questo scopo. Un giorno durante il solenne pontificale, entrò nella chiesa Eliodoro, cercando di disturbare il sacro rito. S. Leone, nella maestà degli abiti pontificali, compì subito gli esorcismi contro le legioni di demoni che certamente erano incorporati nel mago, e avvinghiandogli il collo con la sua stola lo trasse fuori di chiesa e, fatto preparare un gran fuoco, lo arse vivo; né trasse la mano e la stola finché non lo vide ridotto in perfetta cenere. Il Vescovo restò miracolosamente illeso, e le sue vesti e la sua stola rimasero intatte. Il popolo ne fu impressionato, mentre i seguaci del mago si affrettarono a chiedere perdono e misericordia, che fu loro concessa.
Dalle narrazioni, in latino, della vita del nostro santo, apprendiamo che nel più bel sito di Catania si trovava un tempio pagano sormantato da due statue di ammirabile bellezza e grandezza. Non si era mai potuto abbattere questo tempio perché, appena si cominciavano i lavori, terribili terremoti e fulmini potenti ne impedivano il proseguimento. Il santo presule, indisse delle preghiere e dei digiuni speciali, e si recò in quel luogo seguito da gran popolo. Ivi prostratosi in fervente orazione, e compiuti gli esorcismi contro i demoni, a gran voce comandò loro di allontanarsi immediatamente. Con gran frastuono si vide subito il tempio rovinare e diventare un ammasso di macerie. Questo tempio era quello di Cerere o Demeter, le cui rovine si vedevano fino al 1556.
S. Leone , l’8 marzo del 778, eresse sui ruderi del distrutto tempio, una croce in onore dei 40 martiri di e la contrada ne pigliò il nome.
Molti furono i miracoli operati da lui e molto popolo, anche da lontano accorreva in Catania, per ottenere guarigioni e grazie.
Negli ultimi anni si ritirò in vita solitaria, nel piccolo convento che egli stesso aveva costruito, attaccato alla chiesa di S. Lucia, fuori la porta di Aci.
Ammalatosi, volle attorno a sé il clero e i rappresentanti del popolo a cui raccomandò la saldezza nella fede cattolica e la pratica delle evangeliche virtù, e ricevuti gli ultimi sacramenti il 20 Febbraio 785 rese l’anima a Dio (ecco perché la chiesa ne celebra la festa il 20 febbraio).
Si narra che una nobile Signora siracusana era venuta in Catania, per ottenere dal santo Vescovo, la guarigione di una malattia. Appena passata la porta Ariana, avendo saputo che il corpo del grande santo veniva portato alla sepoltura, accelerato il passo, con gran fede, andò a toccarne le sacre vesti e ne restò all’istante guarita.
IL santo fu sepolto nella chiesa di S. Lucia. La sua tomba, prima dell’occupazione saracena, era veneratissima, anzi i Menci greci aggiungono che dalla sua urna scaturiva un olio miracoloso. Il suo corpo, assieme a quello di S. Agata, fu trasportato a Costantinopoli da Giorgio Maniace. Oggi si trova a Roma, dietro l’altare maggiore della chiesa di S. Martino ai Monti, ivi trasportato dai monaci greci che per lungo tempo ufficiarono questa chiesa. Esso è unito ai corpi di altri santi e non può identificarsi; però si hanno delle insigni reliquie: un osso del braccio(conservato nella chiesa di S. Nicolò all’Arena in Catania); altre due reliquie sono a Saracena (un osso del pollice, chiuso in una bellissima teca d’argento, e un altro che pende dal collo della bellissima statua del santo). Altra reliquia, che si trovava in Catania, fu regalata dal Cardinale Dusmet a Leone XIII nel primo anniversario della sua elezione: 20 Febbraio 1879.
(Vita di S. Leone del Caetano e di G.Blosi)